Trecento grammi di profumo

Oggi, domenica delle Palme, la liturgia ci presenta due celebrazioni segnate da due racconti evangelici. La prima celebrazione con il racconto della cena di Betania e l’unzione ai piedi di Gesù (Giovanni 11,55 – 12,11). La seconda con il racconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme (Gv. 12, 12-16) e la benedizione degli ulivi. La presenza di due schemi di celebrazione eucaristiche uno per la messa mattutina della domenica e l’altro per tutte le altre celebrazioni può sembrare curiosa ma corrisponde al modo particolare di celebrare la settimana santa nel rito ambrosiano che sottolinea l’andamento ‘storico’, quasi una ‘cronaca’ a cui siamo chiamati a partecipare. Per cui ‘sei giorni prima’ la cena di Betania, subito dopo l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e via di seguito tutti gli avvenimenti della passione del Signore

Nel racconto della cena di Betania si dice che Maria verso sui piedi di Gesù, come segno di venerazione ‘trecento grammi di profumo, di puro nardo, assai prezioso’; una quantità enorme tanto da stupire tutti, in particolare Giuda che osserva ‘ perché non è stato venduto per trecento denari e non sono andati ai poveri?’. Trecento denari la paga di un anno di un salariato. C’è una sproporzione voluta nella misura di unguento usato per ungere i piedi di Gesù. Per dire quanto deve essere gratuito l’amore per Lui, quanto l’amore del discepolo, rappresentato da Maria, non deve mercanteggiare come pensa Giuda, ma deve agire gratuitamente, magnanimamente. Ma più ancora con questo segno si anticipa il dono stesso di Gesù che mostra quanto è grande l’amore di Dio; Gesù dona tutto se stesso, non trattiene nulla per se. Così come ha dimostrato nella sua vita terrena e soprattutto nella sua morte. Di che cosa allora abbiamo paura se Dio sostiene così la nostra fragilità?

M. Brambilla (Il Giorno 29 marzo2020): ‘Le immagini magnifiche e terribili del papa solitario in preghiera in una piazza San Pietro deserta e surreale passeranno alla storia. Sembrava che il cielo e la terra si fossero messe d’accordo per concorrere ad allestire uno scenario apocalittico … “Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi?dov’è questo Dio?” grida l’innominato al cardinale Federico” … La preghiera di papa Francesco scuote tutti gli uomini del nostro tempo, uomini che erano convinti che la religione fosse qualcosa da riporre tra le anticaglie inutili … oggi miliardi di uomini e donne tornano invece a prendere atto della inevitabile dipendenza. Non ci siamo fatti noi e ci accorgiamo che la nostra condizione è così fragile che abbiamo ogni giorno il bisogno di essere ricreati’. Questi giorni non saranno inutili se ci aiuteranno ad accorgerci della necessaria conversione a quell’amore gratuito e sovrabbondante del Padre di Gesù Cristo. Come il cardinal Federico rispose all’Innominato al suo grido ‘dov’è Dio? Voi me lo domandate? voi? E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore, che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo v’attira, vi fa presentire una speranza di quiete, di consolazione, d’una consolazione che sarà piena, immensa, subito che voi lo riconosciate, lo confessiate, l’imploriate? Ma quando voi stesso sorgerete a condannare la vostra vita, ad accusar voi stesso, allora! allora Dio sarà glorificato! cosa possa fare di codesta volontà impetuosa, di codesta imperturbata costanza, quando l’abbia animata, infiammata d’amore, di speranza, di pentimento? Chi siete voi, pover’uomo, che vi pensiate d’aver saputo da voi immaginare e fare cose più grandi nel male, che Dio non possa farvene volere e operare nel bene? Cosa può Dio far di voi? E perdonarvi? e farvi salvo? e compire in voi l’opera della redenzione? Non son cose magnifiche e degne di Lui?