Con le porte chiuse … (Gv 20,19)

Il Vangelo di questa domenica non è solo il racconto della vicenda di Tommaso e della sua professione di fede, quanto anche dell’incontro di Gesù con i discepoli chiusi nel cenacolo: ’venuta la sera, quello stesso giorno, il primo dopo i sabati, con le porte chiuse dove stavano i discepoli per paura dei giudei, venne Gesù e stette in mezzo a loro e disse: pace a voi!’ c’è una certa analogia tra quelle porte sprangate e le nostre in questi giorni. Certo le motivazioni sono diverse; noi vorremmo poterle aprire. Ma una cosa ci accomuna ai discepoli: la paura. E’ la pandemia non i giudei, certo, ma la paura è un sentimento che sempre, oggi come allora chiude, rende sospettosi, disorientati, in difficoltà rispetto al futuro. I discepoli in quel cenacolo stanno come in un sepolcro, sospettosi di tutto e di tutti, in attesa di qualcosa difficile da immaginare.

Gesù entra, non gli fanno difficoltà le porte sprangate come non gli ha fatto difficoltà la pietra del sepolcro. E soprattutto non gli ha fatto difficoltà venire con queste persone che Lui ha scelto, delle quali uno lo ha tradito, l’altro l’ha rinnegato, gli altri sono fuggiti, l’hanno abbandonato. Non si vergogna di chiamarli fratelli. Viene incontro. Come sarebbe bello che ci rendessimo conto che questo capita anche a noi, a Pasqua, ed ogni domenica: Gesu viene, ‘sta in mezzo’ e ‘porta la pace’. In mezzo, non davanti come un capo ma in mezzo come un fratello che condivide con noi le nostre ‘paure’. Ci aiuta a conviverci, ci aiuta nel sostenere le preoccupazioni, ci accompagna in questo tempo e nelle sue difficoltà.

E adesso che timidamente ci si sta preparando alla ‘fase 2’, mi viene spontanea una domanda: ma cosa ci resta di questo periodo? Che cosa abbiamo imparato? Quanto è cresciuta la fede in Gesù? Pensate davvero che le nostre chiese si riempiranno di nuovo? Che tutta questa frenesia on line di messe, celebrazioni, rosari e quant’altro, che senz’altro ci aiuta in questo periodo di emergenza, abbia fatto crescere la consapevolezza della necessità di convertirsi al Signore Gesù? Io non mi m’innamoro del web che è sostituzione, surrogato; che può diventare pericoloso perché va a compiacere la tendenza soprattutto giovanile, e non solo, al ‘divano’. Per uscire da metafora al disimpegno, all’individualismo. Ricordate che papa Francesco alla veglia della giornata della gioventù del 2016 a Cracovia disse:

Ma nella vita c’è un’altra paralisi ancora più pericolosa e spesso difficile da identificare, e che ci costa molto riconoscere. Mi piace chiamarla la paralisi che nasce quando si confonde la FELICITÀ con un DIVANO! Un divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri. Un divano, come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer. Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci.

E ancora non vi par strano, comunque segno dei tempi che in tutto questo parlare di fase 2, di riapertura non ci sia un accenno alla dimensione religiosa. Si studia come riaprire le fabbriche, i negozi, le scuole, le biblioteche, ma le chiese? Certo l’economia è importante così la cultura, ma è possibile costruire senza un’anima, senza quel riferimento alle nostre radici cristiane, vero non solo in tempi eccezionali e non solo per la paura.

Posso solo augurarmi che per noi discepoli di Gesù questo tempo serva, servirà, ad ancorarci sempre di più nella fede e a convertire la nostra vita aprendo le porte del nostro cuore al dono dello Spirito del Risorto.