Pensieri del Parroco: Rabbi Shneur Zalman

Rabbi Shneur Zalman, il Rav della Russia, era stato calunniato presso le autorità da uno dei capi dei mitnagghedim, che condannavano la sua dottrina e la sua condotta, ed era stato incarcerato a Pietroburgo. Un giorno, mentre attendeva di comparire davanti al tribunale, il comandante delle guardie entrò nella sua cella. … Si mise a conversare con lui e non esitò ad affrontare le questioni più varie che si era sempre posto leggendo la Scrittura. Alla fine chiese: “Come bisogna interpretare che Dio Onnisciente dica ad Adamo: «Dove sei?». “Credete voi – rispose il Rav – che la Scrittura è eterna e che abbraccia tutti i tempi, tutte le generazioni e tutti gli individui?”. “Sì, lo credo”, disse. “Ebbene – riprese lo zaddik – in ogni tempo Dio interpella ogni uomo: ‘Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?’. Dio dice per esempio: ‘Ecco, sono già quarantasei anni che sei in vita. Dove ti trovi?’”. All’udire il numero esatto dei suoi anni, il comandante si controllò a stento, posò la mano sulla spalla del Rav ed esclamò: “Bravo!”; ma il cuore gli tremava.

La risposta del Rabbi è posta su un piano diverso della domanda. La questione non sarà più quella della onniscienza di Dio, ma sulla tua responsabilità durante la vita. E’ lo stesso di ciò che Giovanni Evangelista chiede ai suoi interlocutori (Vangelo di questa domenica). La risposta illumina sia la situazione di Adamo sia quella dell’uomo di ogni tempo. Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora: vuole invece provocare nell’uomo una reazione suscitabile per l’appunto solo attraverso una simile domanda, a condizione che questa colpisca al cuore l’uomo e che l’uomo da essa si lasci colpire al cuore. Il cammino di ‘avvento’ è cammino di riscoperta di un ‘evento’ che colpisce il tuo cuore, la riproposta delle domande fondamentali che permettono a ciascuno di noi di interrogarsi sulla qualità della vita e della risposta. Indubbiamente, quando queste domande giungono all’orecchio, a chiunque “il cuore tremerà”, proprio come al comandante del racconto. Ma la ‘voce’ che interpella non giunge attraverso la tempesta; è “la voce di un silenzio simile a un soffio”, ed è facile soffocarla. Per dirla alla Rebora: ‘un polline di suono’, difficile da ascoltare. Il frastuono della nostra società, il caos delle nostre vite, l’incapacità a raccogliersi nella nostra interiorità rende più difficile la comprensione dell’appello di Dio, l’accorgersi della sua presenza. Il Papa ha detto: ‘Non è mai facile ascoltare. A volte è più comodo comportarsi da sordi, accendere il walkman e isolarsi da tutti. È così semplice sostituire l’ascolto con le e-mail, i messaggi e le chat, e in questo modo priviamo noi stessi di volti, sguardi e abbracci’. Colpire al cuore cioè comprendere quali sono le esigenze del Vangelo. Anche Giovanni Battista (Vangelo di questa domenica), come già accennavo all’inizio di questo articolo, suggerisce ai suoi interlocutori che non è sufficiente una adesione che non ha risvolti pratici, di vita. Perché così si dimostra che l’adesione senza la vita è superficiale e non ha cambiato la profondità del tuo essere:   Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: – Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. La domanda sul fare rivolta a  Giovanni non è intesa dal profeta come domanda superficiale sul banale pratico ma dimostrazione, prova che la proposta ti ha cambiato il cuore.  Anche oggi l’appello che ci viene rivolto è impressionante tanto che anche ciascuno di noi deve sentire tremare il proprio cuore.

Don Maurizio