Preghiera notturna

LA SPERANZA

Segno di croce

Salmo

Come la cerva desidera
i corsi d’acqua,
così l’anima mia desidera
te, o Dio.
Questo io ricordo
e l’anima mia si strugge:
avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.
Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Lettura

Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [ ] Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.

Traccia

Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così”: Noi pensiamo che pregare significhi attirare l’attenzione del cielo su di noi, questo Vangelo ci dice che che è il contrario è Gesù ad accorgersi di noi, forse anche prima che noi abbiamo consapevolezza della nostra angoscia, sofferenza, di ciò che non va nella nostra vita. La fede non è un iniziativa nostra è lo sguardo di un altro che poggia su di noi e poi nascono le nostre scelte. La fede è il dono di uno che si è accorto di noi.

Vuoi Guarire?”: Gesù sembra non occuparsi subito della paralisi di quest’uomo, e gli domanda : vuoi guarire? Sembra scontato, ma non lo è assolutamente, certe volte noi ci siamo abituati alla nostra sofferenza, alle nostre paralisi. Ci siamo così abituati che abbiamo creato un equilibrio con quello che non va nella nostra vita. La grazia di Dio non può fare niente se non guarisce il nostro desiderio. Che cosa vuoi veramente? Questa è la domanda di Gesù. Noi pensiamo di saperlo, diciamo di voler essere felici, che la nostra vita abbia un senso, che il nostro cuore abbia fede, che io viva in un certo modo… ma la domanda centrale è cosa vuoi veramente? Vuoi veramente incontrare un significato nella tua vita? Vuoi vivere pienamente? Vuoi veramente essere libero? Noi desideriamo qualcosa ma poi magari non la vogliamo veramente perché comporta un cambiamento. Noi restiamo volentieri sul nostro lettuccio paralizzati a lamentarci. Gesù vuole guarire la nostra rassegnazione, in due modi che vediamo dalla risposta del paralitico.

Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita: c’era una credenza al tempo di Gesù che chiunque si immergesse in quella piscina quando l’acqua si agitava, sarebbe guarito. Ma lui è paralizzato, ha bisogno che qualcuno lo porti li. Il primo modo in cui compare la nostra rassegnazione è questo: “Non ho nessuno”. Siamo rassegnati perché siamo convinti di non avere nessuno, che a nessuno importi davvero di quello che ci fa soffrire. Non ho nessuno è la definizione dell’inferno. Da quando Gesù è nato, morto e risorto per me, nessuno può più dire “non ho nessuno”. Anche se tutti se ne andassero almeno a uno interessa la nostra vita. Noi stiamo a cuore a Qualcuno. La vita spirituale non è innanzitutto “fare” qualcosa ma accorgersi. Soffri d’ansia? Dopo stanotte l’ansia ci sarà ancora. I tuoi litigano? Litigheranno anche domani. L’università/scuola/lavoro è faticoso? Lo sarà anche settimana prossima. Ma se ti accorgi di Gesù scoprirai che non sei solo. E la prospettiva cambia radicalmente. Non sei tu davanti ad una montagna. Sei sulle spalle di Dio. La sua compagnia è più grande della nostra solitudine. Questo è il primo miracolo. Dio è presente, qui, ora, stanotte. Sempre.

Il secondo modo in cui compare la rassegnazione è puntare il dito, trovare il colpevole. Se io sto male è colpa di… quello che mi è successo, dell’amico che m ha tradito, del prof che non mi ha capito, della vita che non è come dovrebbe essere. E io resto paralizzato. La cosa più interessante non è trovare un colpevole ma trovare qualcosa che possa cambiare il mio cuore.

Sentirsi soli e cercare i colpevoli sono i due legacci che impediscono alla grazia di cambiare la nostra vita. La rassegnazione è arrendersi a questi due legacci. Non ti basta una spiegazione dei tuoi mali, e non sempre c’è una spiegazione. Gesù non da una spiegazione che cambia la vita, ma cambia la vita e così te ne spiega il senso profondo.

Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina»”: cos’è la speranza? È Disobbedire alla rassegnazione. La speranza è obbedire al comando di Gesù che ti dice “Alzati dalla tua paralisi, da ciò che ti impantana, vivi davvero. Obbedienza è tornare ad essere semplice, decidendo di accoglierlo, permettendogli di fare qualcosa in noi. Un obbedienza a Gesù ti condurrà alla resurrezione, alla vita: vuoi ancora accontentarti di quello che ti da il mondo il mondo o vuoi la vita? Vuoi guarire? Alzati. Puoi disobbedire alle paranoie, alle emozioni negative, ai film mentali. Il mondo ci vuole infelici, perché essere infelici vuol dire essere manovrabili. Vuol dire essere gente che consuma, compra, voracemente perché alla nostra cultura fa comodo che viviamo una vita da sdraiati, da consumatori. I guariti non sono dei buoni clienti, perché non ha nulla da anestetizzare.

La cosa più importante non è evitare di provare tristezza, ma scegliere di fidarsi nonostante la tristezza. Questo toglie potere alla tristezza. Non ci saranno momenti in cui le nostre emozioni saranno tutte favorevoli. Ma lui autorizza a scegliere grazie al dono della speranza.

Rialzati”: L’ostinazione della speranza si nutre di un dono, di una forza che viene dall’alto. Il giorno del nostro battesimo abbiamo ricevuto: carità, fede e speranza. È un dono, non lo hai meritato, la speranza viene da lui, dal suo sguardo di noi. Ciò che nutre la nostra ostinazione non è la nostra forza ma la forza che viene dall’alto. Domanda al Signore che aumenti questo dono, la speranza. Lui ha dato se stesso perché noi fossimo nella pienezza. Il dono della speranza lo ha pagato Gesù, a caro prezzo. Ora quel dono è li, nella cantina del tuo cuore. Devi solo scegliere di usarlo. Coltivare la speranza non è sorridere sempre o dire che bisogna essere ottimisti. La speranza è il dono di avere uno sguardo profondo su ciò che mi accade che vede oltre l’apparenza. Nel nostro cuore grida la certezza che anche in quello che non capiamo è nascosto un senso. Possiamo vivere perché sappiamo che c’è un significato per cui vale la pena vivere quello che abbiamo davanti. Il dono della speranza è una voce dentro che dice: anche se non capisci, fidati. Essere forti non vuol dire farcela con la nostra forza di volontà, ma partire dal potere della fiducia. Ma non basta, cos’è la speranza ancora?

Prenditi un tempo di silenzio stringendo il crocifisso nelle tue mani e stai con Gesù, semplicemente.

Per concludere la preghiera: prova a rispondere alla domanda finale della traccia? Cos’è la speranza? Aggiungi il tuo pensiero qui sotto nei commenti. Poi manda un messaggio a chi c’è in turno dopo di te e chiedigli se è sveglio così siamo sicuro che la catena non si interrompe 🙂