I Pensieri del Parroco: L’Accidia

Ho già spesso proposto la lettura di un passo del monaco Evagrio Pontico (345-399) sull’accidia o come lui la chiama ‘Il demonio meridiano’. Ne propongo un altro simile, altrettanto interessante perché colpisce un difetto molto presente al nostro tempo: l’incapacità ad essere presenti a se stessi. L’occhio dell’accidioso è continuamente fisso alle finestre, e nella sua mente fantastica sui visitatori: la porta cigola, e quello balza fuori; sente una voce, e spia dalla finestra, e non se ne allontana, finché non è costretto a sedersi, tutto intorpidito. Quando legge, l’accidioso sbadiglia spesso, ed è facilmente vinto dal sonno, si stropiccia gli occhi, si sfrega le mani, e, ritirando gli occhi dal libro, fissa il muro; quindi, di nuovo volgendosi al libro, legge ancora un poco, poi, piegando le pagine, le gira, conta i fogli, calcola i fascicoli, biasima la scrittura e la decorazione; infine, chinata la testa, vi pone sotto il libro, si addormenta di un sonno leggero, finché la fame non lo risveglia e lo spinge a occuparsi dei suoi bisogni. Il monaco accidioso è pigro nella preghiera e non pronuncia le parole dell’orazione; come un malato non può portare un fardello pesante, così l’accidioso non compie con sollecitudine l’opera di Dio: infatti il primo ha perso la forza del corpo, il secondo è illanguidito, privo del vigore dell’anima7 A questo proposito va detto che la nostra società è malata di accidia nel senso che oggi primeggia, emerge, domina la figura del «fannullone iperattivo». L’uomo comune non è più capace di restare presso se stesso, di stare semplicemente nella propria camera in solitudine, di accogliere e leggere ciò che nasce nel suo profondo, di discernere il proprio desiderio. Nervosità, agitazione e distrazione insorgono prepotenti, e così si trovano ragioni per fuggire. L’accidioso rimanda, faccio dopo; l’accidioso vaga annoiato come racconta in un film Nanni Moretti dove il protagonista domanda ad una ragazza: “scusa, ma tu cosa fai nella vita?”, sentendosi rispondere con un vago ed estremamente allusivo: “giro, vedo gente, conosco, mi muovo… faccio delle cose”. L’accidioso col suo PC o il suo smartphone naviga ovunque ma non sa il perché. Eppure Gesù dice: “entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” Nel segreto del tuo cuore c’è la rivelazione di Dio e di te stesso. Ecco perché i Padri suggerivano come rimedio all’accidia la vigilanza e il discernimento attraverso la preghiera e l’assiduità alle sacre scritture. Ed ancora ed in particolar modo penso che il rimedio per eccellenza rimanga il rendimento di grazie, l’eucarestia. Eucaristia come sacrificium laudis pieno di stupore contemplativo nei confronti del «Dio» che «è amore». L’accidia, infatti, è l esatto contrario dell’eucaristia, dello spirito di ringraziamento. L’accidioso vive nella acharistía, nell’incapacità a stupirsi della bellezza, dell’amore e, quindi, nell’incapacità a rendere grazie. Perché non cominciare a imparare a dire grazie, a riconoscere i segni della presenza di Dio e della sua azione, perché non raccontare degli altri ciò che di bello hanno e non solo i difetti, perché non diminuire gli interventi sulle chat che propiziano e amplificano solo insulti calunnie e pettegolezzi. Il demone dell’accidia si vince anche così. Perché non frequentare più spesso e non solo la domenica la celebrazione eucaristica ‘che non è premio per i buoni ma forza e sostegno per i peccatori (papa Francesco)’ e soprattutto ci rende ‘eucaristici’ capaci di ringraziare per la vita per tutto ciò che Dio ci mette davanti.

Don Maurizio