Via Crucis 2024 – terza settimana

Venerdì 8 marzo – Testi di susanna Tamaro tratti dal libro “Meditazioni sulla croce”

1. Un cireneo è costretto a portare la croce di Gesù

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo.
Perché con la tua santa croce hai redento il mondo

Dal Vangelo secondo Matteo 27, 32; 16, 24 Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.”

Che seccatura! Quante volte ci capita nel corso delle nostre giornate di essere attraversati da questo pensiero. A un tratto, la nostra routine viene interrotta da qualcosa di imprevisto, e questo qualcosa ci costringe a uscire da noi stessi. Così succede al Cireneo. Già pregusta la pace che godrà appena sarà a casa quando qualcuno gli butta sulle spalle la croce di un condannato. C’è molto sangue intorno, le mosche ronzano in modo ossessivo, l’ombra scura della morte imminente si diffonde già da quel povero corpo flagellato. C’è proprio di che rovinarsi la giornata! E non solo un giorno. Quell’ansimare, quel trascinare i piedi, quei capelli trasformati in corde dal sangue rappreso, chi potrà dimenticarli? Il povero contadino è certo che quelle immagini, quegli odori – l’odore della disperazione, l’odore della paura – quei suoni lo perseguiteranno per molto tempo ancora. Tuttavia accetta. Deve accettare perché sono i soldati, il potere brutale a cui è impossibile opporsi, che su di lui pongono il giogo della croce. Obbedisce per timore, ma quel gesto di sottomissione, apparentemente così umiliante, fa irrompere in lui una nuova imprevista dimensione della vita. Signore Gesù, fa’ che nella vita di tutti i giorni sappiamo sempre dire “Sì” a tutto ciò che scompiglia i nostri minuscoli piani; fa’ che il nostro cuore sia sempre aperto al soffio dello Spirito Santo, segreto condottiero dei nostri giorni. Soffio di Luce, soffio di Sapienza, soffio di incendio.

Santa Madre dei voi fate, che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuor

Silenzio e preghiera personale in ginocchio

2. Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo.
Perché con la tua santa croce hai redento il mondo

Dal Vangelo secondo Luca 23, 28-31 Gesù, voltandosi verso di loro, disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: ‘Cadete su di noi!’ e alle colline: ‘Copriteci!’ Perché se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.

Le lacrime della convenzione parlano di un dolore esterno, puramente scenografico. Si sfoga l’emotività, ci si sente meglio e poi tutto torna come prima. Non è questa la via della conversione, non è questa la via di chi segue la croce. La fede non è mai convenzione ma sempre rigorosa ricerca della verità del cuore. Signore Gesù, quante lacrime vuote inondano i nostri giorni! Basta guardare un qualsiasi programma televisivo per esserne travolti. Si piange sulle proprie disgrazie, si piange per essere compatiti, si piange per autocommiserarsi. Ma non c’è alcuna fertilità in queste lacrime, piuttosto l’infantile svilimento di qualcosa di estremamente importante. Che cosa sono le lacrime infatti, se non un vero e proprio lavacro? Un cuore di plastica, un cuore di pietra che, all’improvviso, scopre di essere di carne, che cosa fa? Non corre in giro a fare proclami, non scrive tesi, semplicemente, in silenzio, si abbandona al pianto. Prima non vedevo e ora vedo, per questo piango. Signore Gesù, perdonaci per aver ceduto alla tentazione di trasformarti in un fantoccio prono alle nostre ambizioni mondane. Dona a noi tutti abbondanti lacrime, fa’ sì che queste lacrime lavino le incrostazioni dei nostri cuori e delle nostre menti come un nuovo, potente battesimo.

Santa Madre dei voi fate, che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuor

Silenzio e preghiera personale in ginocchio

3. Gesù è inchiodato sulla croce

Dal Vangelo secondo Matteo 27, 37-42 “I capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui.”

Fino alla fine, avevano sperato in un segno che la sciasse tutti a bocca aperta. “Scendi dalla croce!”. Se fosse sceso tutti avrebbero ripreso a danzare intorno a Lui cantando l’osanna! Invece non succede niente di straordinario, Lui rimane lassù assieme ai due malfattori. La logica della redenzione è una logica totalmente estranea alla logica del potere. Dove c’è una non ci può essere l’altra. Solo l’immaturità della fede ci fa agognare un segno straordinario, qualcosa che ci permetta di dire agli altri: “Avete visto? Siete rimasti senza parole?” L’unica cosa straordinaria è l’amore. L’intero universo è immerso nell’amore, ma noi non siamo in grado di vederlo. È sempre la tentazione del potere a negarci questa visione. Signore Gesù, accettando il dolore, accettando la morte, sei diventato il più uomo degli uomini. Sulle Tue spalle porti l’intero peso della sofferenza del mondo. Tu muori e noi moriamo con Te. Tu risorgi e noi, in Te, abbiamo la possibilità di risorgere.

Santa Madre dei voi fate, che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuor

Silenzio e preghiera personale in ginocchio

4. Gesù muore sulla Croce

Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo.
Perché con la tua santa croce hai redento il mondo

Dal Vangelo secondo Matteo 27, 45-50, 54 Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia.” E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: “Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!” Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

Ormai sono tutti stanchi, l’eccitazione delle prime ore ha lasciato spazio alla spossatezza. Parte della folla ha abbandonato la scena, in fondo è ora di pranzo. Nella calura del mezzogiorno già le mosche depongono le uova nelle ferite e i corvi, attirati dal sangue, sempre più numerosi si radunano attorno al Golgota. C’è ancora tempo per qualche sarcasmo. “Chiama Elia e lascia che venga a salvarlo!” Quell’oscurità scesa in un’ora insolita ancora non turba i presenti. È solo quando all’oscurità si aggiunge lo scuotimento della terra che il timore prende molti. I terremoti conducono a noi la forza dell’annientamento. Ciò che abbiamo costruito in pochi istanti crolla, scompare, ritorna indistinto. La morte sacrificale dell’Agnello ci riporta alla nostra assoluta fragilità. La terra trema e si libera di noi. Credevamo di avere il mondo in pugno e invece è il mondo a tenerci in pugno. Così un tremito coglie i presenti, così sorge spontaneo dire: “Davvero costui era figlio di Dio!” La morte è l’unica realtà davvero democratica della nostra vita. Colpisce tutti indistintamente e in tutti suscita sentimenti di paura e di smarrimento. L’umanità di Cristo percorre questa strada fino in fondo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Invece di fare scandalo, queste sue parole ci confortano.

Santa Madre dei voi fate, che le piaghe del Signore
siano impresse nel mio cuor

Silenzio e preghiera personale in ginocchio

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