KINTSUGI

Alcuni secoli fa fu ideata dai ceramisti giapponesi una tecnica per riparare ceramiche preziose, saldandone i frammenti e ricoprendo le linee di rottura con polvere d’oro. In tal modo gli oggetti, invece di essere gettati via come scarti, riprendevano nuova vita e proprio nelle linee di rottura, messe in risalto dalla polvere d’oro, diventavano unici e irrepetibili e dunque più preziosi di prima.

E’ vero che oggi si ha l’impressione che il vissuto, la nostra vita, si sia frantumata, che si faccia fatica a vivere e a recuperare un po’ di umanità. Ma in fondo adesso c’è un virus che a noi sembra invincibile, ma in altre epoche altre difficoltà e tragedie sono state vissute con le stesse preoccupazioni e le stesse angosce. Così le ferite, i dolori, le croci che prima o poi investono la vita inducono alla disperazione, spesso alla rassegnazione, alla mancanza di speranza.

I monaci, fedeli alla regola del loro fondatore, san Benedetto, in tempi non meno foschi dei nostri, avrebbero risposto che è soprattutto necessari “quaerere Deum” – cercare Dio – per trovare ciò che permane e vale, per trovare la Vita stessa. Perché la polvere d’oro che ricostruisce i cocci e fa diventare tutto più prezioso non è altro che l’amore di Dio. Egli è come il vasaio che chinandosi sulle ferite della sua creatura vuole rendere l’esistenza di ognuno pura e preziosa con l’oro della sua grazia. Siamo avvitati su noi stessi, siamo impauriti più del necessario senza immaginare che la salvezza ci è donata, ci raggiunge. A ciascuno l’invito: che ogni giorno si possa cercare e trovare il Dio che tutti ama e salva.