Ascolta!

Vi propongo la lettura di un brano dell’omelia che il nostro vescovo ha pronunciato in Duomo giovedì sera, giorno in cui è stata celebrata la S. Messa della festa del ‘Corpus Domini’.

Questo vorremmo dire alla città secolare, alla città che ama pensare, alla città che vive di un passato glorioso, alla città che non si arrende, alla città che guarda con realismo alle sue risorse, alle sue potenzialità e ai suoi limiti: ascolta, Milano, la voce del Signore! Dentro l’alluvione di parole che ti ha sommerso insieme con l’epidemia, c’è un silenzio che ti invita alla pace, c’è un sussurro si un vento leggero che ti chiama a prenderti il tempo di ascoltare, di domandare, di ascoltare le riposte. In questa confusione c’è la presenza di Dio e della sua promessa, la promessa della vita eterna. Questo vorremmo dire alla città distratta, alla città scoraggiata, alla città disperata, alla città smarrita: ascolta, Milano, la voce del Signore, la sua promessa, apri gli occhi per riconoscere la presenza sorprendente della provvidenza di Dio anche nelle tribolazioni: non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile, che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri. Questo vorremmo dire alla città dispersa, alla città sospettosa, alla città dove la gente teme l’incontro, dove la convivenza è complicata, dove l’intesa è faticosa: Ascolta, Milano la voce del Signore, che semina in te un principio di comunione, una vocazione all’incontro. Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.

Ci richiama ad un atteggiamento realistico perché davvero questo è stato come attraversare un deserto ‘grande e spaventoso’, una attraversata non sempre affrontata con sapienza, talvolta piena di parole vacue e inutili. Ma sempre ogni traversata, la vita stessa, chiama ad una responsabilità faticosa che ci fa rimpiangere tempi più facili o che si ricordano come tali, ‘le cipolle d’Egitto’ per ricordare l’immagine dell’Esodo. C’è esigenza di pace, di ascolto, di serenità. C’è l’esigenza di far divenire nostra la promessa di Dio che affida alla nostra comunità un principio di comunione, di unità, di partecipazione al bene comune. Un seme perché se possa fiorire o marcire dipende da noi e dalla nostra libertà.