Io sono il buon pastore …

Gesù dice di se: io sono il buon pastore. Dove ciò che è importante è ‘io sono’, non si parla genericamente di altri pastori e del loro lavoro ma di Gesù soltanto. Gesù non poteva dire altro da ciò che è: il buon pastore. Questo è determinante nel racconto evangelico di questa IV domenica di Pasqua, che Gesù dica qualcosa del suo intimo della sua stessa realtà. Egli si presenta come il buon pastore, come in altri passi acqua viva, luce del mondo; ed è con questa realtà che ciascuno di noi si deve confrontare e imparare.

Di fronte alle domande che molti nostri contemporanei ci rivolgono, di fronte al disorientamento che sembra avvolgere il nostro tempo, di fronte alla crisi di senso e alla paura nata e sperimentate a in questo periodo di pandemia quale risposta noi discepoli di Gesù possiamo dare. “Non essendovi nulla di durevole, viene meno il fondamento della via, cioè la fiducia in tutte le sue forme. E poiché non si ha la fiducia nella verità, la si sostituisce con i sofismi della propaganda … tale è la situazione del nostro tempo che è un tempo di vera e propria decadenza” (Bonhoeffer – Etica). Un tempo difficile che ha distrutto ogni nostra sicurezza e ha generato molti mostri e paure. E noi cristiani siamo di fronte al medesimo paradosso che ha sperimentato S. Paolo nell’annunciare la Parola  di Gesù, il volto di un Dio crocifisso che sembra non dare risposte e soluzioni facili. “Mentre i giudei chiedono miracoli e i greci la sapienza noi predichiamo Cristo crocifisso potenza e sapienza di Dio. Perché ciò che stoltezza di Dio e più sapiente degli uomini e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Lettera ai Corinzi 1,22-25).  Quanti vorrebbero parole convincenti, che sappiano spiegare quello che ci sta capitando, quanti vorrebbero miracoli o segni prodigiosi perche si possa risolvere e guarire da questa pandemia e da tutte le difficoltà del nostro vivere. E noi cosa abbiamo da offrire? Una Parola che sembra inefficace e inopportuna. 

‘IO SONO’ non è necessario fare miracoli, non servono segni dell’altro mondo ma gesti d’amore e di condivisione come il ‘buon pastore’ che non è un mercenario’, che non ci abbandona, che condivide e che ama  fino al dono totale di se. Questa è la parola sapiente, questo è il segno convincente che pure noi come il Maestro dobbiamo testimoniare per noi innanzitutto e poi per tutti.

don Maurizio